“Lontano 1/ IN AUSTRALIA, CON CHATWIN”
di Antonio Politano
(“…Klaus da cinque anni viaggia a piedi insieme a loro. Li ha trovati nel deserto attorno a Kata Tjuta. E li ha addomesticati…”)
Un viaggio in Australia, lungo l’asse nord-sud da Darwin ad Alice Springs fino a Uluru Ayer’s Rock, a 30 anni dalla pubblicazione de “Le Vie dei Canti” (Adelphi, 1988), il maggiore tra i libri di Bruce Chatwin, un’indagine-itinerario tra romanzo, diario e saggio. Un reportage, immagini e testi. Storie, incontri, testimonianze, ritratti, paesaggi. Un attraversamento dei luoghi, un accostamento alla cultura aborigena e bianca.
antoniopolitano/mostra
“Lontano 2/ A PASSAGE TO ERITREA”


I viaggi sono passaggi, attraversamenti. Viaggiare ti lascia prima senza parole, poi ti trasforma in un narratore di storie, ha scritto Ibn Battuta. L’Eritrea era un vecchio amore, dai tempi dell’università. Alla sua lotta di liberazione avevo dedicato una tesina, uno dei miei migliori amici era del Fronte di liberazione popolare. Ho seguito la sua storia, da lontano. Poi è venuta l’occasione di andarci e attraversarla per quanto possibile. Di cercare di capire, fermare, restituire qualcosa – in occasione del ventesimo anniversario dell’indipendenza – nelle pagine del National Geographic. Di raccontare alcune facce di un paese giovane, uscito con grandi speranze da una guerra di liberazione durata trent’anni (la più lunga del continente), che vive oggi un tempo sospeso, tra l’emergenza permanente per un conflitto mai finito con l’Etiopia, l’orgoglio del proprio percorso, la voglia di modernità, la lotta per inserirsi in un mondo globale, le fughe alla ricerca di libertà e opportunità, gli approdi drammatici alle porte della Fortress Europe. Un pezzo d’Italia (ex potenza coloniale) in termini di prossimità culturale, poco conosciuto, sparito dal nostro immaginario. Un viaggio tra l’altopiano e il Mar Rosso, dalla capitale Asmara fino ad arcipelaghi di corallo fossile, tra mercati di cammelli e sfilate di moda. Con un’appendice, dolente, di barche abbandonate in un qualche porto del Mediterraneo, su cui migra chi spera.
“THE POETRY OF EARTH”
di Barbara Dall’Angelo
La Natura non veste mai una mediocre apparenza. L’uomo più saggio non può riuscire a strapparle i suoi segreti e perdere ogni curiosità scoprendo tutta la sua perfezione. Così il cielo, i boschi, gli oceani, i deserti, le montagne ci invitano continuamente a scoprire la saggezza dei loro momenti migliori. C’è una proprietà nell’orizzonte che nessun uomo possiede se non chi riesce con il proprio occhio a integrare tutte le parti. “Quando penso alla Natura ho in mente un sentimento preciso, sommamente poetico e The Poetry of Earth vuole essere un’ode visiva alla nostra Terra”.
Nel 2013, con suo marito Marcello Autuori, è nata l’idea del progetto “The Poetry of Earth”: un percorso fotografico in continuo divenire, alla ricerca della bellezza, il kòsmos, delle forme primarie della natura che ci danno un piacere in sé e per sé. Un piacere che sorge spontaneo dalla figura, dal colore, dal movimento e dall’insieme, testimoniando gli “attimi di eternità” del nostro pianeta nella speranza che questi possano diventare oggetto del nostro intelletto.
Nell’immediatezza di uno scatto la Natura veste i colori dello spirito. “La Terra è casa nostra e un crimine fatto nei confronti della Natura è di fatto un crimine contro noi stessi” (dalla Lettera Enciclica Laudato Si’ del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune). Il progetto è pervaso da sentimenti di caducità e fragilità dell’ecosistema nella convinzione che solo gli sforzi concreti di ognuno di noi potranno preservare la “nostra casa”. Attimi irripetibili cristallizzano armonia ed equilibrio, esorcizzano la fragilità e la mutabilità del nostro mondo evocando una riflessione sul nostro tempo e le nostre responsabilità.
“The Poetry of Earth is ceasing never” (John Keats).
http://www.barbaradallangelophotography.com
“OMNIA VINCIT AMOR”
di Antonio Barrella
“Sono qui, sono Polia, sono tornata dal mondo delle ombre o forse sto solo sognando dello stesso sogno del mio amato; eppure io sono viva, qui, ora, in questa isola dei morti, circondata da rovine, da labirinti fioriti, da scale incompiute…”
Perso, nel bisbiglio del vento tra i rami, si ode in lontananza uno scricchiolio di sassi, un sospiro e poi forse un gemito. Sono passi, passi più vicini che diventano corsa, uno spostarsi freneticamente da un luogo ad un altro nella ricerca disperata di qualcosa o di qualcuno. Si! La ricerca di lui: Polifilo.
OMNIA VINCIT AMOR è un progetto fotografico che nasce all’interno della Scarzuola per volontà di Antonio Barrella fotografo e Lucia de Grimani stylist, con la collaborazione di due importanti brand che rappresentano al meglio il lusso e la creatività ltaliana: Bulga ri e Gattinoni .
La storia di Polia ha origine e si dipana all’interno della Scarzuola, location magica, intrappolata tra gli alti cipressi umbri e le mura sacre di un convento dedicato a San Francesco; una città surrea le, frutto della mente visionaria dell’architetto Tommaso Buzzi, dove perdersi e ritrovarsi sono parte integrante del viaggio.
E in questo luogo, sospeso in uno stato spazio-temporale alterato, che Barrella racconta attraverso le sue immagini la storia di Polia e lo fa attraverso l’uso sapiente del banco ottico e della pellicola 8″x1 O” (20x25cm, originali unici in esposizione) a sviluppo istantaneo in grado di riprodurre e rappresentare le atmosfere oniriche e rarefatte della Scarzuola.
Un racconto fatto di dettagli affascinanti, ricco di simboli e richiami massonici.
È nel labirinto di questa città teatro fatta di giardini, cavalli alati, stagni, templi e draghi che Polia si muove nelle sue vesti di chiffon e pizzo, circondata da serpenti gioiello, simboli in divenire, e nel quale rimane perennemente intrappolata alla ricerca del suo amato Polifilo che poi altro non è che la ricerca spasmodica del tempo perduto e della gioventù sfiorita.
http://www.antoniobarrella.com
“FEMINA REA”
(Penitenziario Sezione Femminile)
di Enrico Genovesi
Femina Rea è un fotoreportage sulla carcerazione femminile. Una storia fotografica rivolta a questa particolare realtà ed analizzata nel contesto di più penitenziari italiani.
Un singolare spaccato di vita che, benché molto vicina, raramente trova in tutti noi momenti di riflessione.
Le parole, a volte, non raggiungono la profondità necessaria per la comprensione dello stato d’animo degli altri, specialmente quando questi “altri” sono sommersi dalla propria vita. A queste fotografie l’intento di riuscirci
“CLIMATE CHANGES-panorami innaturali”
di Patrizia Savarese
Le immagini elaborate stravolgono i colori del cielo, della flora e della fauna, dei paesaggi marini o africani o quotidiani, producendo un impatto emozionale tale da imporre riflessione a chi le osserva.
E’ una denuncia in chiave poetica di un problema grave, una malinconica descrizione di paesaggi che assomigliano a pitture surreali.
I cieli mutanti, il mare nero o la sabbia tra le nuvole, o gli animali che si muovono in savane più bruciate del solito, sembrano contaminati da una natura-innaturale sospesa nel tempo. Il paesaggio è modificato solo in alcune parti, quasi a rappresentare concettualmente in un unico luogo ciò che abbiamo ora e ciò che potremmo avere un domani. I colori delle elaborazioni trasformano i paesaggi e ridisegnano la realtà.
Ad una prima percezione di armonia e strana bellezza, si aggiunge poi la sensazione di scoprirsi a trattenere il respiro, come sospesi, come in attesa di altro. Immersi in un’aria rarefatta sembra di vivere la mutazione con tutti i sensi, non solo quelli visivi.
http://www.patriziasavarese.com
“INQUINAMENTO E DISASTRI AMBIENTALI”
di Donatello Brogioni
Viaggio nei luoghi dell’inquinamento ambientale per mano dell’uomo in Italia e in Europa : 1986 -1987
“In nome del progresso, l’uomo sta trasformando il mondo in un luogo fetido e
velenoso /.…/ . Sta inquinando l’aria, l’acqua, il suolo, gli animali… e se stesso, al punto
che è legittimo domandarsi se, fra un centinaio d’anni, sarà ancora possibile vivere sulla terra” – diceva lo psicanalista e sociologo tedesco Eric Fromm.
Il reportage (del quale propongo una selezione ridotta) che ho realizzato negli anni
delle lotte ambientaliste in Italia (ricordiamo che nel 1985 nasceva il partito dei Verdi e nel 1987 il referendum sul nucleare sancì la fine dello sfruttamento di tale energia) racconta proprio questo: in nome del progresso, l’uomo ha invaso e distrutto l’habitat in cui egli stesso vive mettendo così a rischio, giorno dopo giorno, la salute della terra, delle generazioni presenti e future.
Giganteschi eco mostri invadono le campagne vicino Augusta, luogo di pascolo oppure sovrastano il panorama costiero di Bagnoli davanti alla totale indifferenza dei bagnanti che prendono il sole o si immergono in acque velenose. Aree verdi trasformate in discariche abusive, canali dove scorre acqua di colore giallo, laghi prosciugati dall’aspetto quasi marziano: questi sono solo alcuni esempi delle drammatiche immagini che ho scattato. Paesaggi innaturali. Un progetto che documenta la situazione del tempo con lo scopo di far aprire gli occhi su una questione tanto importante : prendersi cura del nostro pianeta. Le immagini come monito per i poteri forti, gli unici che possono davvero cambiare le sorti del nostro pianeta, affinché il progresso diventi sinonimo di sostenibilità e non di distruzione.
Un progetto, purtroppo, dopo trent’anni ancora attuale.
“FEED MY SOUL”
di Annette Schreyer
Il cibo inteso come consolazione, ma anche come tentazione.
Il pasto come momento cruciale in cui le persone si rivelano; il ruolo dei figli e il loro rapporto con i genitori, l’ educazione, le gerarchie.
La ritualità del pasto, che rispecchia la situazione in cui si trova una casa.
Le cene solitarie di un single, o di una famiglia sfaldata.
Il mangiare come momento di “normalità”, anche inteso in senso positivo, per esempio dopo una lite o un lutto.
La simbologia della tavola e l’importanza sociale della cucina.
Il cibo come dimostrazione di uno stato d’animo, di uno stato sociale.
Il significato di un pasto condiviso, anche se povero.
Il gesto di un pasto preparato per l’altro.
Partendo da queste riflessioni, “Feed my Soul” è una serie che comprende 11 immagini fotografiche ispirate a delle tele dell’arte figurativa europea che parlano del mangiare e bere e del loro significato, per indagare sui temi legati al cibo che gli autori hanno affrontato nelle loro opere, e interpretarli trasportandoli in un contesto odierno.
“…Uno sguardo oggi: opere che passano attraverso il tempo e ne vengono condizionate e trasformate. Hopper, Cranach, Manet, Monet, Velasquez: grandi autori, grandi quadri, che hanno percorso la nostra storia e con i quali abbiamo ragionato sul tempo e sull’arte. Attraverso le sue immagini, Annette senza alcuna nostalgia coglie l’essenza di questo rito quotidiano calandolo in un contesto, quello della nostra epoca, profondamente deteriorato.
E cosi fa rivivere Chop Suey di Hopper, il cantore della middle class anni 40 / 50, e poi l’icona (desacralizzata) di Cranach, il Déjeuner sur l’ herbe dove Manet, uomo elegante della borghesia parigina, scopre la natura, e l’omonimo quadro in cui Monet, attraverso il cambio di luce, fissa sulla tela anche lo scorrere del tempo e delle stagioni. “ (Tiziana Faraoni)
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